La casa di carta: Corea è sbarcato su Netflix il 24 giugno diventando già un cult, vista la capacità del regista cinematografico Kim Hong-Sun di rivisitare una serie amatissima dal pubblico di tutto il mondo senza farne un remake, ma aggiungendovi un background originale e personale.

Le tute sono ancora quelle rosse dei rapinatori della Zecca, come nella produzione spagnola. Ma le maschere di Dalì sono state sostituite da quelle Hahoe, con un sorriso stile Joker e un grosso paio di sopracciglia nere ad ali di gabbiano.

La prima parte de La casa di carta: Corea si apre con un confine che pare destinato a scomparire e gli abitanti di una penisola a lungo divisa che sembrano sul punto di ricongiungersi. Le conseguenze, tuttavia, sono inquietanti, perché con la nuova e più stabile unione economica in realtà solo i ricchi sono diventati più ricchi. Per cui una banda di ladri provenienti dalla Corea del Nord e del Sud, guidata dall’immancabile Professore, si propone di mettere a segno un colpo storico in un’area di sicurezza congiunta situata sull’odierno confine tra le due Coree.

Lo sceneggiatore di questa nuova versione coreana della serie, Ryu Yong-jae, è un grande fan della serie originale e l’idea al centro del remake incuriosisce non solo perché è un conflitto tra rapinatori e polizia, ma anche perché introduce nuovi risvolti, come la tensione, la diffidenza e l’armonia tra la Corea del Nord e quella del Sud. Una situazione in cui ladri del Nord e del Sud del Paese uniscono le forze e i poliziotti del Nord e del Sud devono collaborare per fermarli aggiunge una prospettiva tutta coreana all’idea originale.

«Ho amato la storia originale: presenta numerosi personaggi e ciascuno di loro è intrigante a modo proprio» spiega il regista Kim Hong-Sun. «Ho pensato che sarebbero affascinanti indipendentemente dalla situazione e dal luogo in cui sono collocati». Così ne La casa di carta: Corea ritroviamo ovviamente il Professore, geniale stratega che cerca di cambiare il mondo attraverso una rapina, interpretato da Yoo Ji-tae (star dell’iconico film coreano Old Boy). Al suo fianco un cast formidabile, che comprende tra gli altri Park Hae-Soo (che ha recitato in un altro grande successo Netflix,  Squid Game) nei panni di Berlino.

Rispetto alla versione spagnola, La Casa di Carta: Corea è più duro, più violento, più folle, come la cultura coreana pretende e ci ha dimostrato più volte al cinema. I neon di Seoul sembrano proiettare la storia in un mondo più lontano, in un futuro più spietato. Ma è solo un attimo.
Perché nell’aula del Professore e nella Zecca, al di là dell’architettura orientale che la contraddistingue all’esterno, le atmosfere sono quelle. E i fatti anche. La trama è la stessa, gli snodi narrativi principali anche, e, come detto, la storia si distingue soprattutto per le sfumature, per i sottotesti politici e sociali, per essere ambientata in un mondo che è molto diverso dalla Spagna dove abbiamo iniziato ad amare il Professore e la sua banda.

E non potevano mancare neanche Tokyo (Jun Jong-seo), Mosca (Lee Won-jong), Denver (Kim Ji-hun), Nairobi (Jang Yoon-ju), Rio (Lee Hyun-woo), Helsinki (Kim Ji-hoon) e Oslo (Lee Kyu-ho). Kim Yun-Jin (presente nella serie Lost) invece interpreta il personaggio Seon Woo-jin ( Raquel Murillo asiatica), poliziotta negoziatrice della crisi. Vedremo come si svilupperà la serie nei prossimi episodi, attesissimi dal pubblico amante del franchise.

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