Questa è la storia di una poesia per musica e di come la letteratura si sia celata dietro il fascino del canto. Raccontarla potrebbe sembrare noioso, ma non è così. Al suo interno sono nascosti dei gioielli preziosi che verranno scovati e riportati alla luce.

L’uomo ha sempre sentito la necessità di raccontare se stesso attraverso delle storie più o meno realistiche a seconda dei casi. Esso, essendo dotato di fantasia ed intelletto, è riuscito a dare le forme più disparate ai suoi racconti e con estrema creatività ha dato vita ad una forma di spettacolo che ancora oggi fa emozionare. Si tratta dell’Opera lirica, che inizialmente non era altro che un testo recitato e intonato da più persone, accompagnato da strumenti. Come tutte le forme d’arte, si è trasformato a tal punto da diventare un testo cantato e accompagnato dalla musica secondo delle tecniche e regole ben precise. Questa forma di spettacolo divenne una delle manifestazioni più richieste dalle persone (ricordiamoci che non esistevano cinema, televisori, smartphone e meno che mai Netflix).

La cosa più affascinante è che, a parte degli isolati casi, i compositori, fino a gran parte della produzione del Novecento, si appropriavano di testi elaborati da sapienti letterati. Essi si cimentavano appunto nella scrittura di poesie particolari la cui forma, trasformatasi anch’essa nel tempo, aveva una codificazione molto definita che doveva essere rispettata. La caratteristica principale era quella di raccontare un dramma, ossia un’azione. I testi presero la loro conformazione e furono chiamati Libretti: essi sono l’ossatura su cui viene costruito il teatro musicale. Questi testi, oltre che essere funzionali alla messa in scena e alla scrittura musicale, conservano al loro interno tutta la bellezza della poesia.

Il Libretto si identifica come un vero e proprio genere letterario autonomo che raccoglie al suo interno caratteristiche degli altri generi letterari. Sarebbe ridondante riportare tutte le innumerevoli regole che compongono il Libretto ma è importante evidenziare che anch’esso è scritto in versi, come ogni poesia che si rispetti. Cambia di volta in volta la metrica e il numero di sillabe per ogni verso a seconda della situazione scenica o musicale che sta per essere rappresentata.

Pertanto l’opera lirica, almeno dalle sue origini fino a gran parte dell’Ottocento, è composta dall’alternanza di parti semplicemente intonate, chiamate recitativi, costruite su versi sciolti, in cui si svolge l’azione e da parti prettamente cantate, chiamate Arie, formate da versi strutturati, in cui c’è un vero e proprio focus sui pensieri e sulle emozioni del personaggio. La questione diventa più articolata quando iniziano ad esserci duetti, terzetti e scene d’insieme più grandi.

Per esempio, quella che segue è la scena decima del quarto atto de Le nozze di Figaro scritto da Lorenzo da Ponte e musicato da Wolfgang Amadeus Mozart. Il personaggio che canta è Susanna, la cameriera della Contessa.

Recitativo:

Giunse alfin il momento
Che godrò senza affanno
In braccio all’idol mio: timide cure,
Uscite dal mio petto,
A turbar non venite il mio diletto!
Oh, come par che all’amoroso foco
L’amenità del loco,
La terra, e il ciel risponda,
Come la notte i furti miei seconda!

Aria:

Deh vieni non tardar, oh gioia bella,
Vieni ove amore per goder t’appella,
Finché non splende in ciel notturna face,
Finché l’aria è ancor bruna e il mondo tace.
Qui mormora il ruscel, qui scherza l’aura,
Che col dolce sussurro il cor ristaura.
Qui ridono i fioretti, e l’erba è fresca,
Ai piaceri d’amor qui tutto adesca.
Vieni ben mio, tra queste piante ascose

Ti vo’ la fronte incoronar di rose.

Nei prossimi appuntamenti entreremo nel vivo della poesia, i caratteri del libretto e capiremo il suo rapporto con l’opera in cui è inserita.

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