In tempo di approvazione della Legge di Bilancio 2022, la seconda emanata dall’inizio di emergenza sanitaria, si è discusso molto dei vari sgravi fiscali inseriti al suo interno dal governo Draghi.

Assieme agli interventi più sostanziosi – dalla conferma del cosiddetto Superbonus 110% per le ristrutturazioni alla riforma dell’IRPEF, passando per la nuova Quota 102 delle pensioni -, l’investimento degli oltre 30 miliardi di euro previsti verte su una vasta galassia di micro-interventi ed agevolazioni, i cosiddetti bonus: ne esistono per la cultura, i monopattini, le terme, le zanzariere, le moto.

Ad essere stato – rumorosamente – cancellato all’ultimo momento è però il cosiddetto bonus psicologo: un emendamento bipartisan proposto e sostenuto pubblicamente da tutte le forze in parlamento (PD, Lega, FdI, M5S, FI, LeU, IV) che prevedeva di investire circa 50 milioni di euro, l’1,5% dell’intera cifra prevista per manovra, per sostenere le spese di salute mentale di giovani ed adulti. Una prima parte del bonus (circa 150 € una tantum) sarebbe stata destinata a tutte le persone con un disturbo psicologico diagnosticato, indipendentemente dal reddito; mentre la seconda parte (variabile da 400€ a 1.600€ in base alla fascia ISEE dei beneficiari) avrebbe svolto un ruolo di sostegno più duraturo nel tempo.

«Non ce l’abbiamo fatta: l’emendamento per introdurre il “bonus salute mentale” non è arrivato in fondo e c’è una grande amarezza», è stato il commento a caldo, via Twitter, di Caterina Biti, vicecapogruppo del PD al senato e prima firmataria dell’emendamento assieme a Paola Boldrini, vicepresidente della commissione sanità.
Nello stesso thread, Biti ha sottolineato la necessità di interventi simili in futuro. « […] manteniamo la convinzione che facilitare l’accesso ai servizi psicologici sia anche un modo per abbattere lo stigma che ancora c’è sulla necessità di prendersi cura della salute mentale. Il nostro emendamento non bastava, certo, ma lo abbiamo sempre detto: era una luce accesa su un tema urgente per la vita degli italiani».

Dello stesso parere anche David Lazzari, presidente dell’Ordine degli Psicologi, che è intervenuto con una lettera aperta al direttore di Quotidiano Sanità«Le evidenze scientifiche ci hanno mostrato che non possiamo limitarci a vedere la psiche in termini dicotomici sana/malata, perché oggi la collettività fa sempre più i conti con situazioni di malessere psicologico […] nelle quali le persone non stanno più bene ma non vogliono essere classificate tout court come malate».

A sostegno dell’emendamento è arrivata anche una raccolta firme sul popolare portale Change.org, creata da Francesco Maesano e sostenuta da oltre 250.000 persone. Tra esse, anche il deputato di centrosinistra Filippo Sensi, che ha portato a galla il tema durante il question time del Ministro della Salute Roberto Speranza alla camera.

Speranza ha difeso le azioni del suo governo, sottolineando che «il benessere mentale è rilevante quanto quello fisico», ma allo stesso tempo motivando la scelta con questioni di carattere economico «non c’è stata più possibilità di destinare alcun sostegno per problemi di copertura con i fondi destinati dal Parlamento». In ogni caso, secondo il segretario di Articolo Uno, già 38 milioni sono stati destinati a quest’area: 20 per bambini ed adolescenti, 10 per malati oncologici ed altre persone in difficoltà, 8 per i reparti ospedalieri di neuropsichiatria infantile ed adolescenziale.

Investimenti sicuramente incoraggianti, ma puntuali: verosimilmente, non basteranno né a coprire il vuoto lasciato da un decennio di tagli alla sanità, né ad agire su una problematica oramai diffusa trasversalmente a prescindere da età, ceto sociale e provenienza.

In Italia, il prezzo di una singola seduta privata di psicoterapia oscilla tra i 50 e i 100 euro, e il sistema pubblico non riesce neanche lontanamente a fornire un supporto efficace, con tempi di attesa per iniziare un percorso di sostegno psicologico che spesso si allungano oltre diversi mesi.
Le alternative fornite da scuole, università e consultori affrontano spesso il cruccio di dover scegliere tra qualità e quantità: le ore di servizio sono limitate, e pur di fornirlo a quanti più ragazzi possibile, si finisce spesso con l’organizzare sedute di gruppo che non lasciano ai singoli lo spazio per affrontare la propria interiorità in uno spazio sicuro e protetto, ma anzi li costringono ad esporsi davanti a sconosciuti.

La pandemia, ovviamente, ha acuito i problemi soprattutto nei più giovani: il lockdown forzato, spesso costretti in situazioni domestiche tutt’altro che felici; la rivoluzione delle abitudini introdotta dalla DAD per gli studenti; l’aumento dello stress e la compromissione del work-life balance per chi lavora da casa; sono tutti elementi che hanno partecipato a dipingere un quadro cupo e preoccupante.
Secondo uno studio internazionale di Lancet che riguarda il 2020, i casi di depressione sono aumentati del 28%, mentre quelli legati all’ansia del 24%. Anche l’osservatorio dedicato all’impatto della pandemia sulla salute mentale creato dalla Onlus Soleterre, ha evidenziato come «le dimensioni globali della pandemia SARS-Covid 19 agiscano innescando un clima generalizzato di panico, ansia e paura con conseguenze psicologiche a livello individuale e di massa». Analizzando un campione di 433 pazienti tra gli oltre 2500 che si sono rivolti allo sportello dell’associazione tra il giugno 2020 e il giugno 2021, Soleterre sostiene che nel 31,4% dei casi questi presentino sintomi gravi di stress post traumatico, nel 33,3% di ansia, e addirittura nel 43,4% di depressione.

Insomma, solo di recente i problemi riguardanti la salute mentale si stanno facendo strada nel mondo sempre più esposto e connesso della generazione Z. Lentamente, la polvere per tanti anni messa sotto al tappeto in nome di una non ben precisata – né giustificata – pretesa di integrità morale sta tornando visibile. Mentre ancora si lavora per accettare il problema, però, bisognerebbe già volgere lo sguardo al passo successivo: identificarlo, affrontarlo, e risolverlo. Questo biennio, così probante per le condizioni mentali di chiunque, ha dimostrato che attendere ancora peggiorerebbe esponenzialmente la situazione. È il momento che le istituzioni, a tutti i livelli, si facciano carico del peso, anche economico, della salute mentale dei propri cittadini.

Una volta, si spera, per tutte.

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